Dopo la serata finale di questo 64° Festival conclusosi con la vittoria di Arisa, figlia del televoto e del voto di una giuria di qualità composta per lo più da gente di cinema, possiamo tirare le somme su una edizone della kermesse che ha lasciato un po' d'amaro in bocca. La seconda conduzione di una coppia Fazio-Littizzetto che si muove sugli stessi schemi non ha portato novità e ha tolto quei punti in più di ascolto, oltre che allo spettacolo, ricevuti lo scorso anno e dovuti anche alla curiosità di un cambio di guardia. Inoltre, rimangono i problemi del televoto e della non convincente formula della doppia canzone come già detto nei Top & Flop di questo Festival. Da premiare l'idea di dar spazio al cantautorato sia con gli omaggi del venerdì sia con alcuni degli artisti in gara che, però, sono stati penalizzati dai suddetti handicap. Dal primo ascolto si è evidenziata subito la bellezza e la profondità, ad esempio, del brano "Invisibili" di Cristiano De André, vera perla di questo Fesitval, che è stata subito eliminata dal televoto con grande dispiacere anche dello stesso artista. Non a caso, nella finale, questo brano, seppur escluso dalla gara da questo falsato ed incotrollabile meccanismo di giudizio, ha conquistato il Premio della Critiaca (predetto in anticipo) e quello per il Miglior Testo. Anche quest'anno, come nella maggior parte dei casi, infatti, è proprio la canzone che vince il riconoscimento della critica ad essere quella più vicina all'etichetta di capolavoro. Per il resto, dal punto di vista musicale, vi sono state una mezza dozzina di buoni motivetti senza sostanza, compresa la vincente, e qualche eccezione di qualità come i due brani proposti da Rubino, quello di Sinigallia, poi escluso per essere già stato precedentemente eseguito in pubblico e quelli di Ron, soprattutto, "Un abbraccio unico", escluso anche'esso dal televoto dopo la prima esecuzione oltre al già citato De André in entrambi i pezzi. Tra i punti di merito di questa edizione anche la qualità offerta tra le Nuove Proposte dove vanno sottolineate, su tutte, le prestazioni del vincitore Rocco Hunt e di Zibba premiato dalla critica. Corretta l'assenza dei talent appena sfornati dai vari programmi tv ad eccezione di Veronica De Simone proveninte da "The Voice" e, giustamente, inserita tra i Giovani perchè essere trai Big deve essere un punto di arrivo per un artista e non un punto di partenza. Per il futuro urge una novità alla guida e ci si aspetta un ritorno in gara dei grandi nomi della nostra musica: troppo facile, infatti, essere in passerella a promozionare i loro lavori raccogliendo applausi con i loro collaudati repertori. La cosa da ricordare, invece, come detto è la gratitudine dimostrata verso chi ha fatto la storia del cantautorato e la pagina più bella di questo Festival è stata proprio rivedere un De André a Sanremo. Anche solo risentire quel nome fa bene alla musica italiana ed è stato fondamentale, soprattutto, per le nuove generazioni che forse da oggi si informeranno su cosa rappresenta per la nostra storia questo cognome. La prestazione personale di Cristiano è stata grandiosa ed è stato affascinante e toccante il ricordo fatto al padre con "Verranno a chiederti del nostro amore". Non sarà Fabrizio ma è giusto che non si ci siano paragoni: tranne l'enorme somiglianza che traspare dagli occhi e quella vocale che mette i brividi è doveroso che il nome di Cristiano venga apprezzato per ciò che di bello ha fatto e continuerà a fare, premiarlo per il suo talento e non per il suo illustre e pesante cognome con il quale ha sempre dovuto inevitabilmente ma anche insiegabilmente lottare. Non si può metterlo a confronto con Faber: ciò sarebbe ingiusto e non sostenibile, oltre che da Cristiano, da nessun altro artista del panorama italiano e non.