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A cura di Marco Liberti

La musica che gira intorno...

A cura di Marco Liberti

"La città vecchia": De André invita alla comprensione verso gli ultimi

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"La città vecchia" incisa da  Fabrizio De André nel 1965 in un 45 giri insieme a "Delitto di paese" ed inserita nell'album "Tutto Fabrizio De André" del 1966. In realtà, però, la canzone, come dichiarato dallo stesso cantautore genovese, sarebbe stata scritta nel 1962. Il titolo ed il concetto stesso del brano sono ispirati da una celebre poesia di Umberto Saba che però, nonostante una morale simile, offre una ideologia abbastanza differente da quella espressa da De André. La differenza tra le due scuole di pensiero è impostata sull'influenza del Signore in determinate situazioni di difficoltà e la visione di De Andrè viene espressa proprio nella prima frase della canzone ovvero: "Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldare gente d'altri paragi..." che non è altro che una frase ripresa dalla poesia "Embrasse moi" del 1946 di Jacques Prévert e sottolinea la presunta assenza del sostegno di Dio nelle vite delle vittime della società. E' proprio a queste vittime che Faber dedica questa canzone e cioè a tutte quelle persone emarginate per volere o per sorte dalla vita civile. Ubriachi, prostitute, ladri, assassini e tutta quella gente che vive agendo in modo spesso lontano dalla propria volontà ma che viene comunque giudicata come la feccia del mondo. Certi atteggiamenti o comportamenti anomali come quello descritto nel testo: "il tipo strano...quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano...", secondo l'autore, sono spesso riconducibili a problemi psicologici e psichiatrici e non vanno, in ogni caso, usati come mezzo di denigrazione e di emarginazione. In tal senso De Andrè dichiara: "Ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa nell'errore, anche perchè non ho mai capito bene cosa sia la virtù e cosa sia l'errore". La morale di questo brano si racchiude bene nel suo stesso finale e cioè quando De André canta: "...Se tu penserai e giudicherai da buon borgese, li condannerai a cinquemila anni più le spese. Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se non sono gligli son pur sempre figli vittime di questo mondo". Anche, quindi, se hanno commesso degli errori e non mostrano la purezza di un giglio vanno comunque compresi e trattati con dignità poichè, anche se sfortunate vittime di una società che non gli appartiene, sono pur sempre nostri simili. Concetti altissimi che De André ha diffuso in tutta la sua carriera non dimenticando mai le persone meno fortunate bensì dedicando loro gran parte della sua meravigliosa produzione artistica. Gli ultimi, gli oppressi, gli emarginati, le vittime della nostra epoca sono spesso loro i protagonisti dei brani del cantautore ligure che ha cercato, fino all'ultimo giorno della sua vita, di professare la fratellanza, la compassione e la comprensione affinchè ad ogni uomo non venga negata la propria dignità. La musica, una mazurca, ricalca "Le bistrot" di Georges Brassens del 1960. La canzone, all'epoca del lancio, non fu immune alla censura per la strofa: "...quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia...quella che di notte stabilisce il prezzo della tua gioia..." che venne modificata in: "...quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie...quella che di notte stabilisce il prezzo delle tue voglie...". La verisone originale, però, venne ritirata presto dalla stessa casa disografica Karim e, oggi, ne esistono solo poche copie. Un capolavoro assoluto, in ogni caso, che rispecchia la grandezza di un artista e di un libero pensatore che ha cambiato in positivo la storia della nostra musica e della nostra cultura in generale.    

 

 

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Fabrizio De André

 

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