"Rimmel" è un album fondamentale della discografia di Francesco De Gregori ed è stato inciso nel 1975. Esso contiene alcuni capolavori che hanno segnato la carriera del cantautore romano e che ancora oggi sono tra i suoi brani più noti ed amati come "Buonanotte fiorellino", "Pezzi di vetro", "Pablo" e quella che da il nome al disco "Rimmel". "Rimmel" inteso come album: "Fa riferimento - secondo lo stesso artista - al trucco usato dalle donne per gli occhi, a qualcosa di artefatto, ma questo disco è fatto per smascherarli, metterli in evidenza o almeno queste sono le intenzioni". Il successo fu strabiliante e l'album vendette più di 500 mila copie rimanendo in classifica per ben 60 settimane e risultando essere il disco più venduto dell'anno. "Rimmel" come canzone, invece, è un brano d'amore nato alla fine di una storia con una ragazza a cui aveva già dedicato il brano "Bene" l'anno precedente. La ragazza in questione, come è possibile leggere nel libro biografico "De Gregori" scritto da Giorgio Lo Cascio, si chiamava Patrizia e conobbe il cantautore in una giornata ventosa quando lo stesso artista sventò un tentativo di rapina di una pelliccia da due balori verso la donna da cui il verso del brano: "...ed il vento passava sul tuo collo di pelliccia e sulla tua persona". Nello stesso volume si legge che la storia finì perchè la ragazza si innamorò di Nini Salerno dei Gatti di Vicolo Miracoli. Nel testo è possibile notare un riferimento all'amore visto come gioco e come destino. Infatti si parla delle carte dello ziangaro, i quattro assi di un colore solo e il verso "come quando fuori pioveva" cioè una tipica espressione del gergo del poker per rappresentare la scala di valore dei quattro semi del mazzo di carte francesi e cioè cuori, quadri, fiori, picche. Inoltre, anche l'episodio dello zingaro è autobiografico e lo stesso De Gregori disse: "Si, un giorno mi hanno fatto le carte e mi hanno detto cose molto belle, mi hanno detto che sarei stato molto felice, mi hanno detto "sarai un vincente". Però, tutto sommato non è bello che uno ti dica quello che diventerai, credere allo zingaro forse è mancanza di fantasia, mancanza di giovinezza, del coraggio di dire "vaffanculo, adesso io esco e chissà cosa succede"". Un testo e un album, in generale, molto bello che, però, viene preso di mira da una certa critica tra cui Giaime Pintor che su Muzak attacca i testi dell'artista definendoli "da baci Perugina" e parte della "peggiore canzonetta italiana" e criticando gli studenti che vedono poesia nelle canzoni di De Gregori. Ci furono, quindi, critici in difesa dell'artista come Simone Dessì ma ci furono anche ripercussioni sulla carriera dell'artista e sul suo rapporto con la parte politicizzata del mondo studentesco. In particolare, il 2 aprile del 1976, al "Palalido" di Milano un suo concerto venne più volte interrotto da alcuni esponenti dei collettivi politici studenteschi, tra cui Gianni Muciaccia leader dei Kaos Rock e Nicoletta Bocca, figlia del giornalista Giorgio, per la lettura di un comunicato contro l'arresto di un militante avvenuto a Padova ed anche per contestare lo stesso De Gregori colpevole, a loro dire, di frequentare alberghi lussuosi e di strumentalizzare i temi cari della sinistra politica per arricchirsi. L'artista contrariato canta un altro paio di canzoni prima di abbandonare il palco ma i ragazzi lo costringono a risalire e lo accerchiano iscenando una sorta di "processo" in cui gli vennero poste delle domande sul suo compenso e gli venne proposto di lasciare lì i soldi per dimostrare il suo attaccamento politico ed, inoltre, di abbandonare la professione di musicista per andare a fare l'operaio. Dopo circa venti minuti, l'artista, riesce a raggiungere il camerino e dichiarerà: "Non canterò più in pubblico. Stasera mancava solo l'olio di ricino, poi la scena sarebbe stata completa". Concluso il tour, De Gregori, sospenderà la sua carriera per circa due anni progettando anche di aprire una libreria e lasciare la musica. A questo episodio diversi cantautori si sono ispirati per dimostrare solidarietà verso De Gregori. In primis Roberto Vecchioni che nel 1977 scrive "Vaudeville (Ultimo mondo cannibale)" in cui dice: "E spararono al cantautore, in una notte di gioventù, gli spararono per amore, per non farlo cantare più, gli spararono perchè era bello, ricordarselo com'era prima, alternativo, autoridotto, fuori dall'ottica del sistema". Poi fu la volta di Edoardo Bennato in "Era una festa" del 1987 in cui dice: "Francesco non se lo aspettava, vedeva intorno a sè solo ragazzi come lui, gli dicono "Compagno sui un errore, la tua avventura adesso si conclude, noi invece andiamo avanti e non ci fermeremo mai". Infine, nel 2010, ci pensa Luciano Ligabue a scrivere : "C'ero nel settantasette, a mio modo e col mio passo, il processo a De Gregori..." in "Nel tempo". Dopo molti anni De Gregori conlcuse l'argomento dicharando: "Per come si erano messe le cose avrebbero anche potuto spararmi: è stato un piccolo momento della strategia della tensione". Una pagina di storia incresciosa della nostra Italia ai danni di un artista che fin da subito si è evidenziato per la sua originalità e la sua capacità autoriale fuori dal comune. Un grande cantautore che a causa di pochi scalmati e qualche critico incosciente ha rischiato di veder conclusa quasi sul nascere la sua gloriosa carriera costruita su di un repertorio patrimonio della nostra musica.
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