"Luca era gay" è un brano con il quale Giuseppe Povia si presenta al Festival di Sanremo nel 2009 e già alla sola presentazione del titolo si infiammano le polemiche tra l'artista, la commissione che aveva ammesso la canzone alla gara e le associazioni omossessuali a cui appare evidente, dal titolo, che nella canzone l'omossessualità venga trattata come una malattia dalla quale il protagonista della stessa sarebbe guarito. Si susseguono, quindi, cortei, manifestazioni e dichiarazioni per evitare che Povia canti a Sanremo soprattutto da parte dell'Arcigay guidata da Franco Grillini che si appellerà anche al conduttore della manifestazione Paolo Bonolis affinchè siano preservati i diritti degli omossessuali. Bonolis, conoscendo l'entità della canzone, si schiera con Povia ma le polimiche non si placheranno nemmeno dopo l'esecuzione del brano ritenuto offensivo dai gay. Ma il testo, come spiega Povia, non parla dei gay in generale ma racconta la storia di una persona singola, un certo Massimiliano, che l'artista dice di aver conosciuto in treno e che a causa di una situazione familiare e di una fragilità emotiva viveva una condizione sentimentale, psicologica e sessuale confusa che lo spinse ad avere esperienze omossessuali prima di scoprire, grazie ad una donna, la sua vera natura. Il disagio provato dal protagonista nel relazionarsi con le donne, infatti, nasceva dall'oppressione di una madre morbosa che, dopo l'abbandono del marito, precludeva, per gelosia, al figlio di frequentare altre donne e lo invitava a non sposarsi mai solo per il proprio personale fallimento in tema di matrimonio. In tutto ciò, Luca, era condizionato ed evitava amicizie femminili per non tradire la figura materna e quando si trovò ad avere le prime esperienze con gli uomini credette di aver trovato l'amore. Nel contempo, però, il disagio interiore non si placava ed il ragazzo era sempre alla ricerca della propria personalità ormai smarrita con la mancanza di una guida paterna e la presenza ingombrante della madre. Tutto si risolse, però, durante una festa dove per caso l'uomo conobbe una donna e con essa la sua reale natura. L'omossessualità, quindi, non viene trattata come una malattia come asserivano le associazioni gay bensì come un passaggio momentaneo della vita di questa persona avvenuto in un momento di confusione prima di scoprire davvero il suo destino e, con esso, qualle serenità tanto ricercata. Una storia personale ed unica che non può essere confusa come un trattato generico sull'omossessualità. Per tali ragioni, la canzone tra l'altro ben scritta, è stata giustamente ammessa al Festival dove si è piazzata seconda vincendo anche il premio della sala stampa radio-tv. A conferma della qualità del brano arriva, per Povia, anche il Premio Mogol come miglior testo dell'anno. Il brano sarà incluso nell'album "Centravanti di mestiere" e raggiungerà il terzo posto nelle classifiche di vendita. Da sottolineare, inoltre, nell'esecuzione del brano la voce femminile di Monica Russo che accompagna Povia e che chiude il brano attraverso un particolarissimo assolo vocale. La partecipazione a Sanremo sarà ricordata anche per i cartelli che Povia mostrava al pubblico al termine di ogni performace e che indicavano frasi del tipo: "Nessuno ha sempre ragione" o "Ognuno difende la sua verità". Un ottimo brano, quindi, che conferma le capacità autoriali di Giuseppe Povia e che difende la libertà di pensiero e di espressione che deve avere un artista, in questo caso un cantautore, per la realizzazione delle loro rappresentazioni. Il cantautore, infatti, non può aver maggior pregio che quello di smuovere il pensiero e, quindi, di suscitare dibattito e riflessione affinchè, la canzone, non risulti banale e non si esaurica in quei quattro, cinque minuti dell'esecuzione bensì che sia capace di lasciare qualcosa nell'anima e nella mente di chi l'ascolta e non si può dire che Povia, con questo brano, non abbia raggiunto tale obiettivo.