"Io non mi sento italiano" è un brano inserito nell'omonimo ultimo album di Giorgio Gaber, Gaberscik all'anagrafe, uscito circa venti giorni dopo la sua morte avvenuta il 1° gennaio 2003. Il disco, scritto a quattro mani con Sandro Luporini, appare quindi come un testamento artistico del "Signor G" ed è, sicuramente, tra i lavori più rappresentativi dello stile di questo grande artsita. In questo album troviamo diverse canzoni di spessore come la stupenda "Non insegnate ai bambini" ma sarà proprio "Io non mi sento italiano" a diventare il brano simbolo del cantautore milanese. La canzone in questione è una ballata agrodolce su di un discusso senso di patriottismo messo spesso a dura prova dall'andamento di un Paese mal guidato. Ed è proprio ad un ipotetico Presidente che Gaber si rivolge per schiarirsi le idee e per esporre le proprie perplessità su determinate situazioni. Si spazia quindi dal triste ricordo di un assurdo fanatismo ai tempi del fascismo all'attuale, piuttosto ambigua, democrazia che determina uno Stato sfasciato in cui nulla funziona ma che accende continue zuffe e futili discussioni che non portano mai a qualcosa di concreto per la crescita del Paese. L'autore mette in dubbio, tra l'altro, l'utilità di un inno nazionale poco sentito dal popolo ed assolve, in parte, i calciatori ipotizzando che la loro rinuncia nel cantarlo possa dipendere anche da un maggiore senso del pudore oltre che da una scarsa istruzione. Tante situazioni che, secondo Gaber, fanno dell'Italia la periferia del mondo occidentale. Ma nel testo, l'autore, sottolinea anche gli aspetti che lo rendono fiero della sua nazionalità rifiutando l'idea di essere raffigurato all'estero dai soliti luoghi comuni: "Mi scusi Presidente ma forse noi italiani, per gli altri siamo soli spaghetti e mandolini. Allora qui m'incazzo, son fiero e me ne vanto, gli sbatto sulla faccia cos'è il Rinascimento...". A questa presa di posizione campanilistica l'atteggiamento ostile ed i dubbi di Gaber si affievoliscono pensando a come sarebbe stato se fosse nato altrove ed invitando il Governo a dedicarsi al futuro del nostro Paese che è stato messo in secondo piano rispetto alla prospettiva europea. Al termine del brano, Gaber, trova la risposta che cercava nel suo io ed ammette di essere fortunato ad essere italiano. La questione dell'appartenenza al nostro Paese, viste le difficoltà ed i "teatrini" che ci tocca vedere, vive quotidianamente in ognuno di noi e Giorgio Gaber da grande osservatore della realtà è riuscito a cogliere a pieno questo aspetto aiutandoci a trovare quella risposta che abbiamo di dentro. Gaber avrebbe dovuto portare in scena questo lavoro con il suo celebre Teatro-Canzone ma il cancro lo stoncò nella sua casa di Montemagno, in provincia di Lucca, nel capodanno del 2003 privando l'Italia di un'artista per il quale si poteva davvero andar fieri di essere italiani.