Un grandioso concept album per l'atteso ritorno di Enrico Ruggeri che con "Frankenstein" regala un intervallo di riflessione e poesia in un mare musicale spesso povero di contenuti e di qualità. Il cantautore milanese mette, quindi, in pratica la sua grande capacità di scrittura per realizzare un disco davvero ispirato che rientra da subito tra le opere migliori della sua già ricca discografia. Quasi tutte le canzoni dell'album, inoltre, possono essere collegate attraverso un unico profondo pensiero sulla società attuale persa ormai tra l'essere e l'apparire in una guerra di ossessivo arrivismo fatta da presunti superuomini in cui solo l'odio verso il prossimo sembra essere un fattore comune. Un mondo in cui, la morte, può apparire quasi come un sollievo per chi non si ritrova in questa realtà. L'aspettativa di trovare un eterno diverso accompagnato dagli occhi del proprio amore può far sembrare dolci anche gli ultimi rintocchi della propria vita terrestre. Un capolavoro che si snoda attraverso diverse riflessioni profonde ed argute che mettono l'ascoltatore nella condizione di porsi delle domande e darsi delle proprie risposte sulla odierna collettività sociale e sulla propria funzione in questa Terra. Un Ruggeri in grandissima forma, quindi, che completa questa produzione con la pubblicazione del suo terzo romanzo "L'uomo al centro del cerchio". Sebbene sia un album di rara bellezza per i nostri tempi vi sono, comunque, dei brani superiori alla già altissima media come il primo singolo lanciato "Diverso dagli altri" o come le stupende "L'infinito avrà i tuoi occhi", dove vi partecipa anche Elio con il suo flauto, e "Il capitano" dove, invece, c'è l'apporto della compagna dell'artista Andrea Mirò. Sublime anche il brano che da il titolo all'album "Frankestein" o "La folle ambizione". Come detto, però, tutte le canzoni dell'album hanno un loro motivo d'esisitere facendo parte di un discorso più largo che sta al centro di questo lavoro che potrebbe essere considerato quasi divulgativo. Un'opera da ascoltare e da far ascoltare alle nuove generazioni che nel quotidiano come nella musica stanno perdendo la concezione di bellezza e di qualità a favore di una omologazione fredda e distruttiva che porta inesorabilmente alla scomparsa dell'essere e del pensiero. Non resta, quindi, che ringraziare artisti di questo calibro che sono ancora capaci di offrire spunti riflessivi e di aprire le menti delle persone attraverso la propria arte che resta, forse l'unica arma, in grado si sviluppare l'anima e il pensiero umano.