Nel 1984 Fabrizio De Andrè decide di fare un'operazione alquanto rischiosa per il periodo storico in cui è stata fatta e cioè quella di pubblicare un intero album in dialetto genovese. "Creuza de ma" appunto, fu realizzato senza alcuna garanzia commerciale ed, invece, le apparenti barriere linguistiche non ostacolorano il successo di questo prodotto che venne definito dall'autorevole rivista "Musica & Dischi" il miglior album degli anni ottanta e divenne simbolo di una svolta della musica italiana ed etnica. Le tante influenze mediterranee del dialetto genovese, per secoli tra le lingue principali dei naviganti, garantiscono a De Andrè un intreccio culturale che soddisfa la volontà del cantautore che inizialmente aveva pensato di utilizzare diverse lingue. L'album, che avrà un successo internazionale, è rappresentato dalla magnifica canzone che porta il titolo del disco. La creuza de ma è letteralmente la mulattiera di mare ovvero quei viottoli che dall'entroterra genovese portano al mare. Il brano è dedicato alla figura del marinaio che arriva dal mare quasi come un estraneo e si riscontrano sensazioni ed atteggiamenti che De Andrè, attraverso la sonorità e la completezza del testo, riesce a far comprendere anche a chi è molto lontano linguisticamente dall'idioma ligure. L'espressione che dipinge il mare come "un posto dove la luna si mostra nuda" e quindi non nascosta dagli elementi terreni è una delle tante immagini poetiche che compongono questo pezzo che è considerato tra le più alte espressioni artistiche di De Andrè. Il testo si conclude con il ritorno al mare dei pescatori che ripercorrono, appunto, la creuza de ma spinti dal "padrone della corda" che può essere inteso come la necessità o come la loro scelta di vita. Questa canzone come tutto l'album vede la collaborazione del compositore Mauro Pagani. Un'altra prova, semmai ce ne fosse bisogno, della grandezza di un'artista che ha segnato in modo significativo ed indelebile la nostra storia e la nostra cultura.