"Anime salve" è un disco del 1996 e sarà anche l'ultimo inciso in uno studio di registrazione per Fabrizio De Andrè che morirà nel 1999. Ad accompagnare Faber in questo progetto c'è Ivano Fossati, già collaboratore occasionale per De Andrè in passato. I due geni del cantautorato italiano, quindi, uniscono le loro competenze e le loro espressioni musicali per tirar fuori quell'elogio alla solitudine che è "Anime salve". Una solitudine ottenuta per scelta o per tenersi alla larga dalla maggioranza. De Andrè, come in tutta la sua storia musicale, non dimentica mai gli ultimi, i dimenticati dalla società, i liberi per convizione o dignità ed anche in questo disco sono loro i protagonisti eroi delle canzoni scritte. L'album ottenne un grande successo posizionandosi sin da subito al primo posto delle classifiche italiane ed ottenendo il triplo disco di platino oltre che due Targhe Tenco per il miglior album e per la miglior canzone , "Princesa" in questo caso, e Premio Italiano della Musica come miglior album. "Anime salve" è considerato come una sorta di testamento musicale e spirituale di Fabrizio De Andrè soprattutto per il brano che chiude il disco e che rappresenta sia il sunto di questo album che di buona parte della discografia dell'artista genovese. "Smisurata preghiera", infatti, è una invocazione ad una entità più grande di noi, affinchè si accorga delle sofferenze che le minoranze subiscono. Un atto d'amore, un messaggio ancora una volta rivolto a favore dei disadattati e degli emarginati come successo in tutta la sua carriera. Come detto, però, "Smisurata preghiera" è un po' la somma dei pensieri espressi negli altri brani del disco che hanno come tema centrale la solitudine, appunto. Il brano che da il titolo al disco "Anime salve" si rifà all'etimologia delle parole "Anime" e "Salve" che significa "Spiriti solitari" e proprio a questi ultimi, solitari per scelta, liberi e diversi è dedicata la canzone. "Anime salve" inoltre è uno dei due brani insieme a "A' cùmba" dove canta anche lo stesso Ivano Fossati che, invece, ha collaborato in tutti i brani del disco in quanto a musiche e testi. Nei live di De Andrè, la parte di Fossati, viene interpretata da Cristiano De Andrè, figlio del cantautore. "A' cùmba" ovvero "La colomba" in genovese parla di una ragazza che sposandosi cambia nido e che parla dell'opera di convincimento del pretendente verso il padre per ottenere con fiducia la mano della figlia, fiducia che sarà disattesa una volta sposati perchè De Andrè ci racconta di una donna trascurata e del marito in giro a divertirsi. Oltre all'uso del dialetto genovese, usato anche nei cori di "Dolcenera", brano che parla della solitudine dell'innamorato non corrisposto e dell'alluvione che ha sommerso Genova negli anni '70, in questo disco gli autori utilizzano il portoghese brasiliano per i cori in "Princesa", la lingua rom per il finale di "Khorakhanè" ed il dialetto sardo per il titolo di "Disamistade" che significa inimicizia. Come sempre, quindi, sono diverse le contaminazioni culturali e musicali utilizzate da De Andrè a cui non va dimenticato il bagaglio artistico apportato da Fossati che fa riferimento soprattutto ad una certa musicalità sudamericana e tropicale. Tornado ai testi, "Princesa" parla della solitudine di una transessuale brasiliana, nata maschio che abbandona la sua realtà contadina per approdare in città e correggere chirurgicamente l'errore della natura. "Korakhanè (A forza di essere vento)" parla, invece, dell'assoluta libertà del popolo rom e del loro stile di vita. "Sarebbe un popolo da insignire con il Nobel per la pace - dichiarò De Andrè in merito ai rom - per il solo fatto di girare il mondo senza armi da oltre 2000 anni". Come detto, il finale del brano è in romanì, lingua madre del popolo nomade ed è stato scritto in collabrazione con un amico rom di De Andrè. A cantare questo finale è Dori Ghezzi nella versione incisa su disco mentre dal vivo è interpretato dalla figlia Luvi De Andrè, Luisa Vittoria all'anagrafe. Poi c'è "Le acciughe fanno il pallone" che è un modo di dire ligure per spiegare la fuga verso la superficie delle acciughe inseguite dall'alalunga, grande pesce azzurro, e nelle giornate senza vento è, quindi, possibile ammirare queste semisfere formate dalle acciughe che saltano in prossimità della riva. Una ulteriore rappresentazione della libertà e della fuga degli ultimi dalla prepotente maggioranza. "Disamistade" come detto faida in sardo, rappresenta una lotta tra famiglie per motivi d'onore che seguivano un codice non scritto e che imponeva il diritto alla vendetta in seguito ad un torto subito. C'è poi "Ho visto Nina volare" che si rifà all'adolescenza di De Andrè ed alle giornate di gioco passate con questa bambina, realmente esistita, dal nome Nina che rappresenta anche il primo amore d'infanzia del cantautore. Si parla, quindi, della solitudine del ragazzo che deve disobbedire al padre, non trovando il coraggio di informarlo del suo amore per Nina al punto di sentirsi costretto a scappare di casa per crearsi altrove un futuro. La ribellione, quindi, all'autorità paterna e la fuga verso una nuova vita. Un disco di rara bellezza, dunque, che racchiude un po' l'essere e la grandezza artistica di Fabrizio De Andrè sprigionata in tutta la sua carriera e che si prende il lusso, in questa ultima grande avventura, di farsi accompagnare da un altro grande mostro della cultura musicale italiana quale Ivano Fossati. Il risultato non poteva essere che un grande successo ed un album prezioso che rimarrà tra le pagine d'oro della nostra storia musicale.