"4/3/1943" è considerata la canzone della consacrazione artistica di Lucio Dalla. Scritta da dallo stesso Dalla in collaborazione con Paola Pallottino ed arrangiata da Ruggero Cini, il cantautore e musicista bolognese, la presentò al Festival di Sanremo del 1971 insieme all' Equipe 84 e fu subito un grande successo. Nonostante non fosse una canzone autobiografica, il titolo, fa riferimento alla data di nascita dell'artista e nacque in seguito alle prime discussioni in tema di cesure. Il titolo originale del brano, infatti, doveva essere "Gesù Bambino" ma vista la storia raccontata nel testo, ovvero quella di una ragazza madre che ha un figlio da un ignoto soldato alleato, e per altre frasi forti, quel titolo fu definito inadeguato e blasfemo. Oltre al titolo, la Rai, per ammettere la canzone al Festival invitò dalla ad intervenire su parte del testo per renderlo più adatto al pubblico televisivo dell'epoca. In particolare, il finale della canzone, che era: "...e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino..." divenne: "...e anche adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino...". Nonostante tutto, il brano, ebbe un enorme successo e se al Festival si piazzò solo terza per ciò che riguarda le vendite andò ancora meglio. Pubblicata prima in un singolo insieme a "Il fiume e la città" e successivamente nell'album "Storie di casa mia", la canzone, divenne il cavallo di battaglia di Dalla ed ancora oggi è tra le più apprezzate del suo ricco repertorio. Nella registrazione in studio, il brano, presenta la partecipazione nei cori "Cantori Moderni" di Alessandro Alessandroni. Visto l'enorme successo, il brano, fu oggetto di diverse cover e traduzioni fra cui quella in francese di Dalida con testo di Pierre Delanoè e quella in portoghese proposta in Sud America da Chico Buarque de Hollanda il quale memorizzò la musica ascoltando il brano dallo stesso Dalla e poi ne scrisse un testo nella sua lingua. Un successo mondiale che dura ancora oggi e che è solo una delle tante dimostrazioni dell'enorme patrimonio artistico che Dalla ci ha lasciato.