L'ha fatto ancora, per l'ennesima volta Roberto Vecchioni ci ha rapito nei meandri della sua infinita poetica. "Formidabili quegli anni" è un nuovo manifesto delle emozioni umani, dei sentimenti primitivi di una vita nei suoi anni migliori, delle sensazioni incancellabili di un percorso terreno che chiamiamo vita. Vecchioni fa riferimento al suo momento principe, alla sua giovinezza ed è quindi inevitabile il richiamo agli anni '70 ed al '68 in particolare, anno di grandi cambiamenti evolutivi e di quel movimento giovanile che ha portato una vera rivoluzione nel nostro Paese. D'altro canto, però, lo stesso artista ha precisato di non voler contestualizzare il testo solo da un punto di vista personale e, quindi, ogni persona che ascolta questo brano può facilmente ricollocare quelle stesse emozioni di altri periodi temporali ovvero nei propri anni "formidabili". Le carezze emotive suggerite dal testo, infatti, possono appartenere a chiunque e chiunque è libero di immaginarsi in quelle istantanee di poesia e verità in qualsivoglia altro contesto più vicino al proprio cammino terrestre. Per tutti, infatti, vi sono anni di sogni e di grandi speranze, spesso in seguito disattese, ma comunque vissute con quello stesso spirito che aleggiava sul giovane Roberto e che ancora oggi, nel suo caso, lo guidano in queste avventure artistiche con la stessa passione di allora. Il brano è contento nell'album "L'infinito" che Vecchioni ha voluto rendere ancor più romantico pubblicandolo solo in versione fisica e non in forma di file scaricabile online. Un gesto che tende a sottolineare il valore delle cose e dei sentimenti nel disco raccontati e che non vuole essere una negazione del presente, Vecchioni vive di giovani e del loro linguaggio quotidianamente, ma un modo per tramandare a quegli stessi ragazzi un ulteriore messaggio sull'importanza di toccare con mano l'opera, di conservarla, di averne cura proprio come si fa con ogni cosa di tangibile invece di un effimero agglomerato di dati senza materia. Una nuova lezione, quindi, da un professore a cui non serve salire in cattedra per dimostrare la sua grandezza ma a cui basta la voce, oltre la sua dotta penna, per insegnarci la vita.