Siamo nel 1996 e dopo undici anni di inattività, eccetto due best of pubblicati nel 1994 e nello stesso 1996, Umberto Bindi è deciso a riconquistarsi un mondo, quello della discografia, che lo aveva dimenticato ed accantonato soprattutto a causa della sua dichiarata omosessualità. Le ingiustizie e le cattiverie subite negli anni colpiscono questo autore di grande sensibilità che però trova la forza di reagire ed intende ripartire proprio dal palco dove ebbero inizio i problemi legati alle sue preferenze sessuali. Fu proprio Bindi, infatti, a dichiarare che tutto iniziò quando nel 1961, dopo l'esibizione al Festival con la canzone "Non mi dire chi sei", la stampa invece di sottolineare la bellezza di quella melodia diede risalto soltanto all'anello che portava al dito. Deciso, quindi, a partecipare alla manifestazione sanremese, Bindi incontra Renato Zero e gli fa ascoltare diverse melodie scritte e tenute nel cassetto per anni. Molte di queste rapiscono l'interesse di Zero che decide di produrre un disco dal titolo "Di coraggio non si muore" che conterrà anche "Letti", il brano che maggiormente colpì Renato Zero al punto di volerne scrivere il testo. La canzone fu scelta, quindi, per essere presentata alle selezioni del 46° Festival di Sanremo e venne accettata subito da Pippo Baudo che era presentatore e direttore artistico di quella edizione. Per l'esecuzione della canzone, però, serviva un controcanto adatto e Bindi e Zero, che non partecipò da interprete, scelsero i New Trolls che seppero dare il giusto apporto a questa canzone completandola. Durante le varie esibizioni era palpabile la commozione di Bindi che sapeva di essere riuscito a riconquistare il suo pubblico e, soprattutto, l'adeguato riconoscimento del mondo della musica in cui aveva ristabilito la sua giusta posizione. Il brano composta da una melodia sublime e da un testo profondo e significativo non ottiene un grande successo sul palco dell'Ariston classificandosi ventesimo ma sarà rivalutato successivamente e riproposto, in nuova versione, anche dallo stesso Renato Zero nei suoi spettacoli live. Il testo usa la metafora del letto come scrigno del proprio essere e del proprio percorso terreno. "Letti di avvenimenti, di battaglie, voglie e doglie...Letti che sanno tutto ormai". Ma il letto è anche espresso come specchio dell'identità, dello stile di vita e dell'anima pura e reale delle persone. "Stracci o rarissimi merletti, ognuno giace come merita, come si immagina, come vivrà...". Nel letto, ovvero nel profondo confronto con se stesso, si può decifrare e riscoprire la natura primitiva, senza maschere, del proprio essere. Un letto come tribunale, come decodifitatore della propria anima. E l'ultima frase della canzone, "Un letto a chi ti giudica...", può essere anche inteso come un messaggio diretto di Bindi a chi l'ha discriminato in passato. E' chiaro, infatti, che l'autore invita chi giudica ad un approfondito esame con la propria coscienza. Un capolavoro assoluto, quindi, che ha dato la possibilità a Bindi di essere riscoperto e ricordato anche dopo la sua morte avvenuta nel 2002 per di diversi problemi di salute dopo due anni vissuti in miseria a causa di problemi col fisco. Poco prima della morte, Bindi, aveva ricevuto il sostegno del vitalizio grazie a Gino Paoli che lanciò un appello al fine che gli fossero attribuiti i benefici della legge Bacchelli che tutela gli artisti in difficoltà. "Letti", dunque, rimane l'ultima grande perla di questo maestro di sensibilità artistica ed umana che va ad arricchire una già nutrita pagina di successi di una carriera vissuta senza mai arrendersi, fino alla morte, alle tante difficoltà.