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A cura di Marco Liberti

La musica che gira intorno...

A cura di Marco Liberti

Talenti Emergenti: I Dimartino cantano la sconfitta generazionale

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I Dimartino sono una band guidata dal cantautore siciliano Antonio Di Martino e composta anche da Giusto Correnti e Simona Norato. Nato dalle ceneri dei Famelika, poi divenuti Famelica, il gruppo ha avuto una evoluzione importante per ciò che riguarda l'aspetto autoriale mentre, per quanto riguarda i componenti, la variazione è stata minima. I Famelica, secondo lo stesso Di Martino è un nome che ha caratterizzato il passato dell'artista e che oggi non lo rappresenta più. Dal 1998 ad oggi Di Martino ed il suo gruppo di lavoro hanno collezionato successi e soddisfazioni esibendosi su palchi importanti ed avendo esperienze importanti anche con diversi artisti affermati del panorama italiano. Nel corso degli anni, infatti, hanno aperto i concerti degli Afterhours, Zulù, Caparezza o Morgan solo per citarne alcuni. Tenedo conto della discografia prodotta in questo nuovo percorso di Di Martino, sicuramente più vicino al miglior cantautorato italiano degli anni '70, '80, è evidente l'analisi non certo confortante di un presente impostato su dogmi di una "normalità" sociale che ingabbia in qualche modo quello spirito libero e quella voglia di deragliare tipica del periodo adolescenziale e giovanile. Un presente che, però, è figlio di un recente passato in cui proprio quei ragazzi erano chiamati ad impostare il mondo di domani. Una sorta di autocritica, quindi, che Di Martino fa alla sua stessa generazione, la quale ha probabilmente fallito la propria missione. Quello del fallimento generazionale è un tema ricorrente nei due album pubblicati dai Dimartino ovvero "Cara maestra abbiamo perso" del 2010 e "Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile" del 2012. L'autore, però, afferma che "L'ammissione della sconfitta è anche la più grande affermazione di libertà, in fondo sono stati i perdenti a fare la storia". D'altro canto, quello della sconfitta generazionale è anch'esso, se vogliamo, un dogma di un certo tipo di cantautorato italiano. Sono stati diversi, infatti, i grandi cantautori che hanno trattato questo tema come, ad esempio, Giorgio Gaber che ha impostato proprio in questo senso il suo penultimo album del 2001 dall'emblematico titolo "La mia generazione ha perso". Oltre Gaber, però, quasi la totalità dei cantautori ha impostato il proprio percorso artistico a favore dei perdenti, degli antieroi e, quindi, degli sconfitti a partire dai De André, Tenco, Fossati passando per i Vecchioni, De Gregori, Zero, fino ai più recenti Masini, Carboni, Bersani solo per fare qualche nome. Un clichè, quindi, della scuola cantautorale italiana ripreso, però, in maniera del tutto innovativa ed attraverso un modo di scrittura intrigante e mai banale come nei brani "Venga il tuo regno" o "Ormai siamo troppo giovani". E' proprio questa, quindi, la vittoria di questi ragazzi ed in particolare del leader ed autore Antonio Di Martino, ovvero, quella capacità di riuscire ad esporre a loro modo il proprio credo senza lasciarsi condizionare da un ricco patrimonio discografico che ha inevitabilmente contaminato la propria genesi senza, però, intaccare l'originalità di un percorso e di un pensiero che sta portando alla luce, con merito, una nuova bella realtà nell'ambito di un cantautorato italiano che necessita di autori preparati per tornare ad assumere quel ruolo primario nella musica del nostro paese ormai in balia dei figli dei talent. Promuovere chi mette nero su bianco i propri pensieri e tra metafore e poesia ci aiuta a riflettere su di un sottofondo musicale è l'unica strada per evitare quel fanatismo figlio del nulla reso da un, spesso freddo, prodotto creato a tavolino da geni del marketing a seconda delle mode del momento per poi essere gettato nel dimenticatoio come un qualsiasi oggetto alla nascita della nuova stella. Sarà che sono figlio di altri tempi ed ho una matrice musicale diversa ma preferisco chi si fa strada tra i localini italiani per esporre le proprie idee a chi, grazie ai propri santi in paradiso, gode di una ribalta televisiva spesso inadeguata. Si spera, quindi, che questa nuova ondata di giovani cantautori italiani che si sta facendo strada grazie solo al loro talento possano essere gli artefici di una nuova primavera per il nostro cantautorato.

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