1. Roberta Mogliotti, in arte Andrea Mirò, cantautrice raffinata, musicista poliedrica, compositrice originale e mai banale, direttore d'orchestra attenta e professionale e compagna, nella vita e nell'arte, di una colonna del nostro cantautorato come Enrico Ruggeri. Infatti, lei, dopo un inizio da solista ha iniziato a lavorare con Enrico un po' in tutte le vesti artistiche continuando anche dopo aver ripreso una propria strada personale e dopo che, Ruggeri, è entrato in pieno anche nella sua vita privata. Come nasce la sua passione per la musica? Come è iniziata la collaborazione con Ruggeri? Cosa ha significato per lei quell'esperienza che poi le ha cambiato la vita?
La passione per la musica è nata molto presto, come la voglia di imparare e studiarne a fondo i codici, partendo dalla musica classica. L'approdo al pop/rock/cantautorato è venuto un po' da sè, mi è sembrato lo sbocco migliore per potermi esprimere a tutto tondo. La collaborazione con Ruggeri, iniziata dopo quella con Finardi, Vecchioni, Mango - e in seguito Ron - è stata fondamentale per riaprire un discorso artistico personale che avevo messo in stand by per qualche anno. L'incontro con Enrico è stato lo sprone per cominciare a scrivere il nuovo materiale finalmente nella veste di cantautrice.
2. Lei, nel corso della sua carriera, ha partecipato ben undici volte al Festival di Sanremo: tre volte da solista, una in coppia con Ruggeri, due da musicista per Ruggeri e per Ron e cinque da direttore d'orchestra, due per lo stesso Ruggeri, una per Nina Zilli, una per Andrea Nardinocchi e una per i Perturbazione e Zibba nella stessa edizione. Quale edizione ricorda con più piacere? Qual è il suo pensiero sul Festival di Sanremo? Conta di tornarci?
Ogni edizione a cui ho partecipato ha lasciato in me qualcosa. Ho visto negli anni il Festival cambiare totalmente e diventare nel tempo una vetrina tv per presentare il proprio progetto e un buon veicolo per farsi ascoltare, vista la difficoltà odierna nell'avere spazi a disposizione, perdendo quasi del tutto valore come punto di partenza per classifiche o, men che meno, per vendita dischi. Se i tempi discografici coincidono con il periodo sanremese, in genere, un artista si propone alla commissione. Ma non è più una regola. Veramente l'ambiente musicale NON ha più regola alcuna.
3. Prima ancora di Sanremo, nel 1986, si è aggiudicata la vittoria a Castrocaro con "Pietra su pietra". Che ricorda di quel primo importante traguardo personale?
Ricordo la mia incredulità e la totale assenza di coscienza e di conoscenza sul campo. Ero troppo giovane ed avulsa dal contesto discografico. Mi è rimasto come ricordo uno splendido Telegatto d'argento.
4. Tra tutti i suoi brani qual è quello che ama di più? Quale quello, invece, che crede avrebbe meritato più risalto? Quale, infine, quello di un suo collega che le sarebbe piaciuto realizzare?
E' una domanda che non ha risposte assolute, ovviamente. Potrei dire che "Faust" col quale ho vinto il Premio Lunezia 2013 è allo stesso tempo un brano che adoro, che mi rappresenta molto bene compositivamente e che in un altro periodo storico, per esempio gli anni '70, avrebbe potuto essere un singolo fortissimo da alta classifica. Cosa impossibile oggi. E uno dei pezzi che avrei voluto scrivere io è "Rien ne va plus" di Ruggeri.
5. Tornando ad Enrico Ruggeri, come è il vostro rapporto nel settore lavorativo? Risulta evidente la complicità e la stima reciproca oltre l'affetto ma vi sono mai state gelosie o diverbi su alcune composizioni?
Lavorativamente, il nostro rapporto è di artista con artista. Regola essenziale per un rapporto umano/sentimentale/familiare tra due artisti, per quanto ci riguarda, è di non far MAI entrare la vita privata nella professione. Sincerità e schiettezza, una buona dose di autoironia e di autocritica, in continuo scambio anche attraverso discussioni e dibattiti. Ognuno dei due conosce artisticamente le potenzialità e i limiti dell'altro, e non li usiamo per sbrogliare conflitti di altra natura.
6. Qual è il suo pensiero sui talenti show? Farebbe da giudice? In tal senso ha condiviso la scelta di Enrico?
I talent hanno messo in luce alcuni bravi artisti che probabilmente sarebbero emersi comunque per altre vie. Purtroppo hanno il difetto di lasciare troppo poco spazio agli "inediti" e di essere troppo televisivi, di conseguenza sottostanno a regole di audience e/o godibilità e di linguaggio televisivo, appunto. In più creano, ahimè, un limbo in cui taluni si vengono a trovare dopo aver toccato per un attimo la possibilità di avere sbocchi concreti discografici ed un attimo dopo totalmenti dimenticati. Ma chi si mette in gioco lì lo sa, o dovrebbe saperlo, che questo rischio esiste. Credo che Enrico abbia fatto molto bene il suo lavoro di giudice con il materiale umano che aveva a disposizione. Se mi capitasse l'occasione credo che accetterei di buon grado. E' una gran bella sfida.
7. Quali sono i suoi miti musicali? Cosa ascolta oggi? Cosa pensa della situazione attuale della nostra musica?
Per mia fortuna ho sempre ascoltato di tutto. Sono onnivora e non potrei ridurre ad una sola lista gli artisti che ho amato e che amo di più. Ascolto con la stessa curiosità Bach o Ravel come i Metallica, Radiohead e Joni Mitchell, Alt-J e Benjamin Biolay, Nick Cave e Santigold, Battiato e le Savages... La nostra musica è in buono stato direi, basta avere voglia di incuriosirsi ancora e scoprire che c'è di più di ciò che i soliti network passano alla radio o dei 4/5 nomi soliti di cui trattano i giornalisti medi. C'è molto fermento e le condizioni difficili in cui versa da lungo tempo questo settore fa sì che gli artisti siano più motivati e liberi da schemi di marketing.
8. Ci racconta un aneddoto particolare vissuto con Enrico o con qualche altro protagonista della nostra musica?
Un ricordo forte ed importante fu l'esperienza come testimonial per la campagna pro moratoria sulla pena di morte con l'associazione Hand Of Cain, partita con "Nessuno tocchi Caino" a Sanremo, e l'aver conosciuto Leroy Orange, ex detenuto nel braccio della morte per 19 anni, un incontro toccante e fulminante di cui non credo dimenticherò l'intensità.
9. Il suo ultimo album "Elettra e Calliope" è del 2012 e conferma ancora una volta la sua originalità e la sua particolare cifra stilistica in un panorama musicale molto omologato e legato alle logiche del mercato. Lei, probabilmente sulle orme del suo compagno/maestro/mentore, non si è mai posta questo problema ed ha perseguito sulla strada della qualità e della profondità. Tutto questo le fa onore ma, in qualche momento di debolezza, si è mai pentita di ciò?
Non mi pento di seguire coerentemente la mia strada, la libertà espressiva per me è una priorità. Tanto più che ormai discorsi legati al mercato non hanno più valore in quanto il mercato discografico per come lo conoscevamo noi non esiste più. Oggi più che mai mantenere alti i miei obiettivi e scegliere ciò che mi appassiona e mi coinvolge è l'unico motore professionale. E finché sarà così mi posso definire privilegiata e fortunata. Se questo poi sfociasse in un successo maggiore tanto meglio: sarebbe un doppio traguardo raggiunto.
10. Cosa sta preparando per il futuro? Quale saranno i prossimi appuntamenti che la vedranno protagonista?
Sto realizzando il nuovo disco di inediti, in uscita credo primaverile, e parallelamente due lavori musicali di produzione e composizione prestati al teatro che dovrebbero venir alla luce nel corso del 2015. Nel frattempo continuo alcuni impegni live legati al disco su Brassens uscito a febbraio 2014 "Segni (e) Particolari" in collaborazione con Alberto Patrucco, con cui siamo entrati con onore nella cinquina delle Targhe Tenco.
11. Roberta, la ringrazio per la disponibilità e augurandole sempre buona musica le chiedo, in conclusione, un saluto per tutti i lettori di "La musica che gira intorno...". Grazie.
Un abbraccio a voi tutti, lettori di "La musica che gira intorno..."! Che sia di sprone perché siate VOI ad uscire dal guscio e girare intorno alla musica!!
Andrea Mirò